Come mi piaci: Social Identification Theory e Visione del team

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Come mi piaci: Social Identification Theory e Visione del team

Se un team ha chiara la propria visione, arriva prima e meglio fino in fondo, lo abbiamo detto spesso con Paolo Chinetti ne #ilteamgiusto. Per dirla con le parole di Peter Hawkins, un guru del team coaching, “La missione cattura l’ambizione del team, la visione mostra come sarà per noi quando ci sarà il successo e lo scopo definisce per chi il team lavora e il valore che crea per loro”. Quindi, chiarito lo scopo (passo fondamentale!) e definita l’ambizione, è il’ come ci sentiremo’ che ci trascina verso l’obiettivo.

Ma cosa vuol dire identificarsi in una visione?

La Social Identification Theory (SIT) ci dà un inquadramento scientifico a questo proposito e chiarisce molto bene che cosa sia la organizational identity, l’identità dell’/nell’organizzazione che ci consente di identificarci nel contesto sociale della nostra organizzazione e del nostro team.

In un bell’articolo di qualche anno fa, Blake Ashforth e Fred Mael tracciano gli orizzonti della applicazione della SIT alle organizzazioni. Secondo questa teoria scientifica, le persone tendono a classificare sé stesse e gli altri secondo delle categorizzazioni sociali (per esempio l’appartenenza a un gruppo, a una chiesa, a un genere, a una fascia demografica e via dicendo) che consentono il posizionamento del sé nel mondo relazionale e sociale che le circonda; in un certo senso, esse aiutano a meglio delineare la nostra identità personale e la nostra identità sociale.

I due scienziati ci dicono che un individuo tende a definirsi e a caratterizzare la propria unicità anche in relazione alla propria appartenenza a gruppi e comunità. L’identificazione con gruppi/comunità, ci permette di incorporare i successi (e gli insuccessi), i valori e le regole di questi nuclei sociali e di usarli per caratterizzare noi stessi nel mondo. Il senso di appartenenza e di coesione che derivano dall’identificazione rafforzano la cultura di gruppo e la sua narrazione. Creano dei contesti narrativi che rappresentano in maniera ‘simbolica’ il gruppo, attraverso storie e valori; mediante questo simbolismo i membri del gruppo reificano/concretizzano il loro ‘essere gruppo’ mobilitando lealtà e impegno. D’altra parte vediamo tutti che l’ostilità e la rivalità si mobilitano più frequentemente e più significativamente fra gruppi che non fra individui.

L’identificazione e la appartenenza a un gruppo definiscono anche dei ruoli che ciascuno di noi svolge nell’ambito di questo contesti sociali: si tratta di ruoli che vengono svolti incarnando i simboli che caratterizzano il gruppo e l’appartenenza. Quindi l’identità personale diventa un amalgama di identità sovrapposte e sparse. L’aspetto affascinante di questa teoria è che noi permettiamo a queste identità di convivere e il valore che diamo all’appartenenza a ciascuna di esse ci porta anche a poterle vivere in maniera ‘compartimentata’ sviluppando una capacità di ‘dimenticare selettivamente’ (selective forgetting) le componenti di queste identità che entrano in conflitto fra loro. Tanto per fare un esempio, la responsabilità del comando in un contesto lavorativo convive con una personalità mite o, altro estremo, un’ideologia discutibile viene seguita perché ci si identifica con il gruppo che la proclama.

Il potere di una visione è, allora, enorme: essa crea la base per l’identificazione, si struttura nei costrutti valoriali, simbolici e narrativi dell’organizzazione e si incarna nella codifica dei comportamenti. Per il team vale la stessa cosa: l’architettura scopo-visione-missione è quella su cui si impostano tutte le norme successive. Non ci stupisce che le ricerche della team science e della psicologia organizzativa ci indichino che la visione è collegata a diversi meccanismi di funzionamento del team, di fatto essa ha un effetto diretto sulla performance, e in particolare:

•  Sulla efficacia del lavoro di squadra.

•  Sulla capacità del team di crescere e svilupparsi.

•  Sulla capacità del team di innovare e di trovare una ragione della propria unicità.

•  Sulla motivazione e sulla soddisfazione del team.

Facendo delle back analysis sulle ‘visioni’ di diversi team, alcuni ricercatori sono riusciti a rilevare addirittura delle connessioni ricorrenti rispetto (a) agli stili di leadership, (b) alle caratteristiche individuali dei componenti della squadra, (c) alle tipologie e alla natura delle unità organizzative e funzionali di cui i team facevano parte.

Ma come articoliamo una ‘visione’? Essa può essere:

•        Una idealizzazione dell’obiettivo e di come ci si sentirà qualdo sarà stato raggiunto.

•        Una visualizzazione di uno stato futuro migliore o più desiderabile di quello presente.

•        Una agenda.

•        Una mappa che il team deve seguire.

•        Una immagine.

•        Può guardare al lungo termine, al futuro, alle emozioni suscitate dall’adozione di un modello di valori.

•        Può essere focalizzata sul cambiamento.

Ci sono tre momenti critici in cui lo sviluppo e la scrittura di una visione sono determinanti per la trasformazione di un contesto di gruppo: All’atto della fondazione (per un team si tratta della fase di forming di Tuckman), nel momento della crisi (la fase di storming del team) e nel momento della disruption o del declino (di nuovo il regresso al norming o la fase di adjourning, quando lo scopo del team cambia) e, infine, nel momento in cui si decide un cambiamento. Questi momenti cruciali di passaggio caricano la visione di una energia che ne rende efficace la messa a terra.

Nel team, ogni membro della squadra è coinvolto, e la leadership svolge un ruolo di attivazione e catalisi. Di fatto, si tratta di una manifestazione di impegno, attraverso la quale si decide di far parte del percorso che porta tutti insieme all’obiettivo. E grazie alla Social Identity Theory possiamo comprendere meglio i meccanismi attraverso i quali la leadership può stimolare e far crescere il senso di identità del compagno di squadra verso lo scopo comune, dando a ciascun membro la possibilità di ‘appropriarsi’ dei successi e delle passioni della squadra.

Ecco alcune domande che ci aiutano ad articolare la nostra visone, buon divertimento!

  • Qual è lo scopo (purpose) principale della nostra organizzazione, del nostro servizio, del nostro prodotto?
  • Quali sono i punti di forza del nostro team? Perché è unico? Perché ci siamo?
  • Quali sono i valori del nostro team? Che cosa ci distingue? Che cosa ci fa dire ‘io ne faccio parte’?
  • Perché è importante per noi quello che stiamo facendo? Come cambia la nostra vita? Come è legato ai nostri obiettivi personali?
  • Come possiamo fare la differenza come team? Quali strumenti? Quali skill? Quali emozioni? Quali sforzi?
  • Cosa contraddistingue il clima del nostro ambiente di lavoro?
  • Quali sono i nostri obiettivi più ambiziosi? Che cosa non ci lasceremo scappare? Come ci sentiremo quando li avremo raggiunti? Come si sentiranno gli altri?
  • Come cambierà il mondo/l’ambiente/la nostra comunità quello che stiamo facendo e come lo stiamo facendo??
  • Cosa desidera il team? Cosa desidera ciscun membro? Cosa si aspetta dal team la nostra organizzazione?

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